Benedetta Pilato, atleta di 19 anni alla sua prima olimpiade, dopo avere centrato il quarto posto a un solo centesimo di secondo dalla terza classificata nella finale dei 100 rana di nuoto alle Olimpiadi di Parigi 2024, ha affermato ai microfoni della Rai: “C’ho provato fino alla fine, e mi dispiace, però sono lacrime di gioia, ve lo giuro, sono troppo contenta. È stato il giorno più bello della mia vita”.

Benedetta Pilato (Foto Quirinale.it, da Wikipedia)

Questa è la prospettiva di Benedetta Pilato: avere conquistato alla sua prima finale olimpica il quarto posto. Felice di essere prima di tutto lì, a Parigi e di avere dato il massimo a sé stessa e allo sport per il quale ogni giorno si impegna e dove ha già raggiunto grandi traguardi come l’oro ai mondiali, nel 2022 a Budapest.

Ci ha dato una lezione fondamentale sul come e sul perché sia importante saper accettare anche le sconfitte.

Qualcuno, commentando le sue parole ha avuto da ridire sulla sua reazione: “Non c’ho capito niente. E’ impossibile, non può essere contenta. E’ assurdo, surreale questa intervista, devo essere sincera. Non voleva andare sul podio e allora che c’è andata a fare?”.

Benedetta, senza volerlo, ci ha ricordato le parole del vescovo anglicano Pierre de Coubertin rivolte ai partecipanti ai Giochi di Londra 1908 nella cattedrale di Saint Paul: “L’importante è partecipare”, il cui senso, dopo più di cento anni, forse ci sfugge un po’.

Non si dovrebbe andare alle Olimpiadi solo per vincere, ma per vivere un’esperienza che ci faccia crescere, comunque vada a finire.

Viviamo in un’epoca in cui il successo viene misurato esclusivamente attraverso le vittorie. E non consideriamo che il fallimento è una parte fondamentale del processo. Che tutto quello che sin da piccoli abbiamo imparato, lo abbiamo fatto apprendendo dai nostri errori.

Anche nello sport: ogni piccolo miglioramento è frutto di tutti i fallimenti che lo hanno preceduto e da cui abbiamo saputo apprendere.

Diceva Michael Jordan, icona mondiale del basket: “Nella mia vita ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento palle, ventisei volte i miei compagni di squadra mi hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Ho fallito molte, molte volte. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto”.

Non si può sempre vincere e la vittoria non può essere l’unico scopo delle nostre azioni. La sconfitta è parte integrante dello sport così come della vita e l’entusiasmo e l’autenticità di Benedetta Pilato sono il frutto di questa consapevolezza.

Anche Sergio Mattarella lo ha voluto sottolineare ricevendo al Quirinale, insieme ai medagliati, anche tutti coloro che sono arrivati quarti: una lezione di stile, insieme a quella di Benedetta, che mi sta ancor più simpatica dopo le sue parole e anche perché, cuore di padre, si chiama come mia figlia.

(Tiziano Conti)