Ci incombe un pericolo devastante, del quale, forse, non riusciamo nel rendercene conto per intero. Non si riesce ad accedere ad un canale tv, a sfogliare le pagine di un quotidiano, o di un settimanale o di una pagina di un qualsivoglia supporto di informazione senza che ci si trovi difronte ad immagini di abitazioni sventrate, edifici distrutti o vie cittadine ingombre di montagne di macerie, di pietre, di travi di cemento che, una volta, facevano parte di case abitate.
E tutto ciò, da quanto tempo? Per quanto riguarda quella sottile striscia di terra affacciata sul mediterraneo in zona medio-oriente da poco più di un anno. No, scusate, mi correggo: da molto, troppo tempo. Fin da quando una delle tante idee che nascono alla fine di guerre più o meno grandi, più o meno invasive o scellerate, venne applicata su questa maledetta striscia di terra.
Ora apprendiamo che l’ennesima operazione militare da parte di uno dei due contendenti (ma sono poi veramente solo due i contendenti?) è riuscita nell’uccidere un uomo di nome Sinwar, un grande capo e condottiero, la mente di quell’insano gesto di oltre un anno fa che determinò lo scempio umano terribile in quella sottile striscia di terra.
Ora, i grandi pensatori politici, quegli uomini e donne (poche) che il destino e la nostra stupida volontà hanno determinato come condottieri delle nostre scelte politiche dispensano i centri di informazione di parole quali tregua, punto di svolta, evento determinante o, addirittura, fine delle ostilità. Parole al vento.
Quando da troppo tempo, da troppi mesi non riesci nel portare a casa tua un tozzo di pane o un po’ di farina, quando ti vedi privato del diritto ad un futuro minimale di una vita dignitosa per te e i tuoi figli, quando ti ritrovi a scavare tra mucchi di pietre e calcinacci nella disperata ricerca di tuo padre, o di tua moglie, o dei tuoi figli sepolti sotto l’ennesima esplosione di un ordigno, non riesci a trovare dentro di te la parola “cessate il fuoco”, o “tregua” o “tacciano le armi, o “armistizio”.
Dentro di te trova spazio solo una parola, una parola composta da poche lettere ma debordante di un sentimento che diviene naturale, purtroppo, nella mente di un uomo ferito, irrreversibilmente, negli affetti che più gli sono cari: l’odio.
E odio sarà. Non ci sarà spazio per altro se non odio e tutte le belle parole dei soliti mediatori a nulla serviranno. Statene certi, solo odio. E ancora odio per anni. Forse, e dico forse, i lanci di razzi prenderanno la forma di agguati con ordigni esplosivi a bus turistici, o agguati a vigilantes all’angolo di una via, o a inermi fedeli riuniti per manifestare il loro credo nel Dio del momento o dell’occasione. Solo odio.
Il grande capo Sinwar è morto ma il seme, purtroppo è stato gettato e sta germogliando, da troppo tempo, all’interno di troppe menti, di troppi cuori, di troppe anime. La ricerca del torto o della ragione non ha senso alcuno. Dopo settemila anni di storia della bestia uomo su questa terra desolata non abbiamo ancora compreso nulla di ciò che ci circonda, di ciò che causiamo, delle azioni che compiamo. E allora odio.
(Mauro Magnani)