Troppo spesso ritorna alla ribalta della discussione pubblica il sistema Prevenzione – Cura – Riabilitazione nazionale (ex Sanità): costa troppo? Ce la possiamo permettere? Troppe inefficienze nella “vulgata” comune e quindi Riformiamo! Aziendalizziamo! Efficientiamo!

Fausto Nadalini

Troppo spesso dalla L. 833/78 che ha istituito il Servizio sanitario nazionale, si annunciano periodicamente, tra le lettere di quei termini, tentativi di revisione che spesso sottendono il perseguire interessi di parte e di profitto economico.

La sanità e la Costituzione

Eppure quella legge, nella sua stesura, condivideva le prime parole dell’art 32 della Costituzione e ne ha rappresentato una delle più evolute interpretazioni ed applicazioni.

Pare superfluo spiegare il perché, chi persegue una idea di profitto, intenda sottrarre ed appropriarsi di quote di attività sanitarie oggi rese “universalmente” senza distinzioni di censo o più elegantemente: “… senza distinzioni di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurino l’uguaglianza…”.

Servizio sanitario nazionale buono o no?

Come rispondere a una domanda di un semplice cittadino che si chiede se il Servizio sanitario nazionale è buono o meno?

E’ molto difficile redigere una classifica in un ambito così complesso, nel quale la qualità percepita individuale si modifica sensibilmente come in campo sanitario, ma per poter abbozzare una idea generale occorre almeno attenersi agli indicatori formulati dall’Ocse. Sono “report” di indicatori che si articolano per alcune centinaia di pagine, quindi mi si perdoni se per semplificare ne prendo solo due seppur riferiti all’anno 2022.

L’indice di aspettativa di vita in Italia rispetto ad altri paesi e a seguire i relativi stanziamenti economici pubblici e privati per il Sistema sanitario rispetto agli altri paesi dell’Ocse.

Per quanto riguarda l’aspettativa di vita, si tratta di una misurazione che può sottendere il principio che tanto più alta è l’aspettativa di vita in un paese, tanto migliori sono le condizioni generali di salute e parimenti misura la buona efficacia di un sistema sanitario in grado di intervenire sulla cura e sulla salute.

Questo indicatore fissa l’Italia, come dall’immagine estratta, tra i primi dieci paesi al mondo per longevità.

Voglio solo ricordare che negli anni della pandemia 2020-2022 il nostro paese è tra quelli che hanno pagato maggior prezzo per mortalità dovuto a covid e questo certamente ha prodotto un abbassamento dell’indice di aspettativa di vita.

l’altro indicatore che intendo evidenziare è la spesa sanitaria in percentuale sul Pil, tabella che indica tutta la spesa sia quella pubblica (Ssn) sia quella privata.

Qui vedrete due tabelle: quella di tutti i paesi e una estrazione dell’andamento della spesa con alcuni paesi selezionati.

In questa tabella si può vedere come il nostro paese sia al di sotto della media di spesa dei paesi Ocse al 23º posto. Raffrontandosi agli altri paesi UE siamo davanti solamente (nel 2022) alla Slovenia, Polonia e Romania.

Nella prossima immagine si può vedere l’andamento della spesa sanitaria nell’andamento dal 2008 al 2022. Si noterà come nel 2015 la spesa scenda sotto la linea rossa che traccia la media dei paesi Ocse con la punta di investimenti del periodo Covid per poi riprendere a scendere.

Questa breve osservazione serve solamente a significare alcuni enunciati fondamentali di principio che spesso si tendono a dimenticare:

  • il Sistema sanitario nazionale italiano è tra i meno costosi al mondo ma tra i più efficenti;
  • resta per grado di universalità e qualità tra i più avanzati qualitativamente;
  • incide al di sotto della media per le spese dei paesi comunitari;
  • è uno dei sistemi che incide meno sulla spesa privata dei cittadini;
  • è una colonna fondamentale del welfare State delle nostre comunità e rappresenta anche un ammortizzatore sociale indiretto;
  • per quantità e qualità di lavoro e servizi offerti rappresenta un produttore fondamentale di ricchezza e di Pil del paese (3 milioni di addetti, 11% del pil, oltre 45 miliardi di euro di mercato);
  • ha margini di efficentamento che posso derivare in primo luogo da: spesa farmaceutica (incremento farmaci generici), riorganizzazione, razionalizzazione di attrezzature e appropriatezza delle prestazioni.

Per chiudere questa prima parte, appare evidente come risulti indispensabile allinearsi alla spesa sanitaria pubblica dei paesi europei, per mantenere il livello qualitativo e l’universalità del sistema sanitario, che a causa della riduzione di investimento pubblico ha perduto i primi posti, fino a qualche anno fa, della classifica mondiale, per finire oggi attorno al 22duesimo. Segnatamente, occorre rilevare che nonostante l’incremento progressivo della spesa privata a parziale compensazione della spesa pubblica, la stessa non ha garantito il mantenimento complessivo dell’efficienza e della qualità.

Forse questo perché il privato persegue primariamente il profitto agli obiettivi di salute.

Come migliorare la nostra sanità

Voglio tornare ora sempre alle domande poste all’inizio per tentare di rispondere a un punto più vicino ai bisogni delle persone: cosa può servire oggi per migliorare concretamente la sanità? Occorre sempre riformare, riorganizzare ed efficientare?

Certamente il processo di aziendalizzazione con le norme che si sono susseguite alla 833/78, hanno contribuito a razionalizzare le spese, ma hanno anche rafforzato un orientamento, già presente e forte nel mondo della sanità: l’orientamento alla prestazione e all’incremento delle stesse.

Orientamento fondamentale e positivo per affrontare le patologie, ma solo a fronte della loro “inevitabile insorgenza”. Facile comprendere una ricorsa all’eccesso e all’incremento.

Una rincorsa che se non controllata metterà sempre più a dura prova la sostenibilità economica del sistema, soprattutto alla sostenibilità pubblica, mentre per quella privata la modalità è nota: chi potrà avrà, con buona pace dell’universalità.

Quindi come cambiare e cosa? Occorre riprendere sempre lo stesso capoverso (terzo) dell’art 1 della 833/78 e smettere di parlare di sanità e ricominciare a parlare di salute. Ne cito come prima un estratto: “… complesso di funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e psichica di tutta la popolazione….”.

Se il sistema si è di molto occupato delle prestazioni, non ha curato molto la promozione, prevenzione ed il recupero.

Salute e sanità

Parlare di salute non sanità, perché l’insieme dei determinanti di salute non sono fatti solo di prestazioni sebbene siano fondamentali.

Dobbiamo quindi insistere e intervenire affinché si possa concepire l’individuo come un unicum fatto non solo di bisogni sanitari, ma un individuo inserito in una collettività sociale, che ne può determinare le variabili di salute

La bibliografia indica come determinanti di salute alcune categorie specifiche, sulle quali non voglio stabilire quale sia gerarchicamente più importante:

  • comportamenti personali e stili di vita; ttori sociali che possono essere vantaggiosi o svantaggiosi come condizioni di vita e di lavoro; possibilità di accesso ai servizio;
  • condizioni socio-economiche, titolo di studio e anche altri.

Secondo una fonte Usa (Centers for disease control and prevention) il 50% dello stato di salute di un individuo è condizionato dal comportamento e dallo stile di vita. Per il 20% dai fattori ambientali. Il 20% da fattori genetici e solo il 10% dall’assistenza sanitaria.

Non so se le incidenze percentuali siano pesate in farmacia, ma certo si segna con certezza che le condizioni di vita e gli stili di vita incidono massimamente sulla salute, quindi sulla successiva insorgenza di malattie e sulla conseguente richiesta di prestazioni assistenziali e di cura.

Ma tra le condizioni di vita, le diseguaglianze di reddito e la povertà quanto incidono sulla salute?

Ancora, una popolazione che è destinata progressivamente ad invecchiare di più? Una società nella quale le reti famigliari sono sempre più rarefatte e incrementa la solitudine? Incidono anch’esse?

Ecco perché ritengo sempre più urgente affrontare in modo congiunto sia il tema della sanità sia il tema sociale in quanto non è più possibile leggere i bisogni della salute o del benessere in modo disgiunto.

Nella nostra regione la legislazione ha promosso da tempo questa idea “innovativa” (o forse accantonata dal 1978) e condivisa di integrazione socio-sanitaria. Idea che vuole porre l’utente al centro del processo per rispondere alle mutazioni demografiche del territorio e affrontare i nuovi bisogni di salute.

Pur tuttavia questo percorso stenta a realizzarsi per difficoltà endemiche di comunicabilità dei due sistemi: sanitario e sociale.

Diventa indispensabile promuovere nuovi modelli di salute territoriale e procedere alla realizzazione delle case di Comunità, facendole diventare luoghi veri di raccolta del bisogno, di monitoraggio, di nuova socialità e renderle vere porte di accesso del sistema territoriale, prevedendo anche erogazione di servizi di base. Nell’eccezione dello spettro ampio enunciato: non solo sanità ma anche prevenzione, educazione, socializzazione, rieducazione e soprattutto presa in carico vera.

In due parole occorre perseguire Salute e Benessere.

Ma cosa significa presa in carico?

Anche qui per semplificare, significa prevedere un sistema che non aspetti il cittadino ma che gli vada incontro. Una volta che ne conosce i problemi divrà prevedere attività e servizi che lo “seguano proattivamente” per il perseguimento della sua salute e benessere.

Certo per fare questo occorrono risorse e investimenti, in particolare sui servizi sociosanitari e sociali ( oggi ampiamente indufficienti), ma significa anche programmare una spesa più efficace e ridurre l’aumento esponenziale dei consumi sanitari. Significa garantire un welfare universale ed inclusivo per contrastare la costante riduzione dello stesso e dei diritti dei cittadini.

Per il nuovo sistema locale bisogna redigere un primissimo elenco sul quale occorre attuare alcune azioni destinate ad integrare concretamente le attività sociosanitarie e sociali:

  • completare la rete dei servizi territoriali in particolare delle case della Comunità prevedendo l’avvio di attività teorizzate ma oggi non ancora presenti di tipo sociale, sociosanitario, educativo e prevedere anche attività di promozione del benessere, nonché quelle di rieducazione e riabilitazione, promuovendo il passaggio da una “medicina d’attesa” ad una “medicina di iniziativa”;
  • nella offerta della rete dei servizi sanitari territoriali vanno previste prestazioni di medicina di base e realizzata una vera presa in carico a partire dalle condizioni di salute della popolazione residente;
  • nelle prestazioni specialistiche si deve intervenire sulla prossimità di erogazione e sui tempi di attesa riducendoli, realizzare una presa in carico della persona che preveda una programmazione temporale (cadenze prenotate già dai servizi), ove prevedibile, delle prestazioni a cui deve essere sottoposto. Creando veri e propri percorsi e protocolli standardizzati che liberano dalle rincorse burocratiche e dalle “liste senza risposta” gli utenti (ne esistono già alcuni in essere);
  • agire stimolando il Ministero della Università e Ricerca nell’affrontare le problematiche inerenti al personale sanitario, in particolare:
  • Medico per trovare soluzione alle ridondanze di alcune specialistiche ed alle mancanze per altre (Medicina Urgenza ed Anestesia). Bisogna chiedersi perché non vengono assegnate centinaia e centinaia di borse in queste specialità mentre alcune specialità vengono coperte con punteggi elevatissimi e spesso il Personale Medico vi partecipa per anni. Trovare soluzioni, come avviene per altri paesi, in cui i primi due anni di specialità sono comuni e partono dall’esercizio nel territorio e dalla Emergenza/urgenza trovando percorsi specifici per quelle specialità “non appetibili”
  • Infermiere alla ricerca della Orizzontalizzazione della Professione e non solo di quella attuale, Gerarchica, che produce scarsi miglioramenti dell’assistenza, cercando di migliorare e promuovere opportunità professionali ed economiche.

Certo più facile teorizzare che realizzare, ma oggi occorre fare questo salto di pensiero: continuiamo a curare come facciamo con qualità ma iniziamo a pensare non solo alle prestazioni ma alla salute perché non siamo solo organi ma siamo un po’ più complessi.

(Fausto Nadalini, segretario Spi Bologna)