Ormai in Romagna si vive tra un allarme meteo e l’altro. Non ci vuole molto a capire che questa realtà non è, come si dice fra irriducibili negazionisti climatici, temporanea ed eccezionale, ma il clima ordinario e duraturo in cui vivremo. Questa condizione, data oggi per scontata, si poteva rendere meno estrema realizzando ciò che gli scienziati, da tempo, chiedevano di fare.
Invece per anni si sono negate le responsabilità umane come causa del cambiamento climatico e così si è fatto nulla, o solo un po’ di greenwashing, per ridurre le emissioni climalteranti. Ci si dovrà quindi rassegnare a convivere con un clima che già vede un alternarsi di ondate di calore e periodi siccitosi, seguiti da piogge che in pochi giorni scaricano sulla terra tanta acqua quanta precedentemente ne precipitava in sei mesi.
L’uso del verbo rassegnarsi non è un caso, perché chi governa e chi ha governato il paese non lo ha ancora dotato di un piano di adattamento alla nuova situazione climatica e tantomeno ha agito per mitigarne la corsa al mutamento. La rassegnazione non è obbligatoria, soprattutto per chi prende decisioni, si può quindi ancora agire contro l’ingovernabilità del clima per rendere più sicura la vita della popolazione, seguendo quello che la scienza dice di fare: contenere la febbre del pianeta entro un aumento di un grado e mezzo entro il 2050.
Si dice, a ragione, che il governo Meloni ha dimenticato le popolazioni colpite da alluvioni o dalle ondate di calore estivo, ma la vera grande dimenticata nell’azione politica del governo è la lotta al cambiamento climatico. Né si è vista un’opposizione unirsi sulla difesa del clima per definire un’alternativa. Mentre Traversara, piccolo paese del faentino, si allagava per la seconda volta in un anno, Meloni ribadiva all’assemblea di Confindustria, fra gli applausi di imprenditori e imprenditrici, il suo impegno a combattere l’ambientalismo ideologico e fermare la transizione ecologica.
In Europa si dovrà accettare di usare auto a benzina o diesel, di abitare in case colabrodo che consumano molta energia, di alimentarsi con cibi prodotti da una agricoltura drogata dalla chimica e carni provenienti da allevamenti intensivi, crudeli con gli animali e fornitori di carni di pessima qualità, e di bruciare metano per alimentare i propri bisogni energetici anziché usare risorse solari.
Questa linea non è solo di Meloni e dell’onda nera che monta in Europa, ma anche della nuova commissione europea di Von der Leyen. Tutta l’Europa è stata colpita, nell’ultimo mese, da gravi alluvioni e le scelte per mettere in sicurezza i territori colpiti sono state rinviate a tempi migliori. ll piano verde europeo, noto come NextGenerationEU, già modesto nei suoi obiettivi lo si vuole ulteriormente ridimensionare e le ragioni di questa svolta sono davanti agli occhi di tutti. In questo momento il pianeta è pervaso da guerre e conflitti che stanno trascinando l’umanità verso una guerra mondiale. Così chi governa pensa solo ad armarsi sempre di più, non certamente al clima che cambia.
Abbandonare la lotta al riscaldamento globale è una scelta sbagliata, perché l’ingovernabilità del clima ha conseguenze devastanti quanto una guerra. Guerra e caos climatico hanno come comune denominatore che se non si riesce ad impedirle portano all’estinzione non del pianeta, ma della specie umana.
Un nuovo modello energetico rinnovabile, scelta cruciale per ridurre le emissioni, potrebbe dare un contributo alla pace. Il sistema fossile è stato ed è causa di guerre, mentre sole e vento e le altre energie rinnovabili sono diffuse in ogni parte del pianeta e non sono di proprietà di nessuno.
Costruire l’alternativa ambientalista alle destre è possibile se si mette in discussione il piano Mattei del governo Meloni e le scelte di von der Leyen. Certo mettere al centro questo obiettivo è qualcosa tutta da costruire. L’intento è farlo crescere sui territori, a cominciare dalla Romagna, con vertenze, alleanze, esperienze, reti organizzative.
Ma non si parte da zero, c’è già un ricco associazionismo ambientalista, a cominciare da Legambiente, passando per Fridays for Future o Extinction Rebellion, ma non solo, c’è l’Arci, ci sono intere categorie della Cgil, a cominciare dallo Spi, che ha già hanno prodotto reti come “La via maestra“, o la Fiom impegnata su una nuova mobilità. Si può partire da qui cominciando a unirsi, per sperimentare nei territori alluvionati piani di mitigazione e adattamento al clima. Mitigare ha come centro la costruzione di un nuovo modello energetico 100% rinnovabile. Adattarsi significa non avere più timore di praticare scelte di delocalizzazione, smettere di consumare suolo, praticare un’economia circolare.
Sono solo titoli perché questi obiettivi vanno costruiti insieme a chi i territori li abita e si potrebbe già parlarne nella campagna elettorale emiliana.
(Massimo Serafini)