Da dieci anni vivo in Appennino, territorio che ho frequentato da bolognese come visitatrice.
Ora lo vivo da residente e da amministratrice locale, toccando con mano la diversità di postura e istanze che hanno le cittadine e i cittadini che vivono “in provincia”.

In questi anni molte persone mi hanno chiesto perché rinunciare alla “comodità” della città, alla prossimità di qualsiasi cosa – dal supermercato agli spostamenti, dall’accesso ai servizi socio-sanitari alle proposte culturali – e la risposta è che, nonostante sia nata e cresciuta in pieno centro, non riuscirei a tornarci a vivere, perché il tempo di vita, in “provincia” è un tempo per me più naturale e il contatto con la natura ha un effetto assolutamente benefico sulla qualità della vita.

Le aree interne necessitano di un modello di sviluppo integrato e multidisciplinare che va dalla cura, tutela e difesa del territorio (dal rischio idrogeologico alla manutenzione della rete viaria) a politiche per l’abitare solidali e comunitarie; dalla tutela e sostegno all’agricoltura non intensiva all’attivazione di presidi socio-sanitari di prossimità con l’obiettivo di rinsaldare un patto sociale che tenga insieme giustizia sociale e giustizia ambientale e, aggiungo, anche giustizia culturale.


Con questo intervento vorrei dare un quadro d’insieme per macro aree, per una visione di sviluppo sostenibile delle aree periferiche, analizzando le principali criticità e proponendo soluzioni.

Per capire il “sistema” aree interne cerchiamo di analizzare un po’ di dati:
– L’Appennino bolognese copre il 45% del territorio della Città Metropolitana di Bologna con il 15% della popolazione residente e produce l’8% del valore aggiunto.

– Nell’ultimo triennio la popolazione residente nei dodici comuni che rientrano nella classificazione Istat (Aree interne Periferiche, ndr) hanno visto un’incremento dei residenti nelle aree montane pari al 2,1% (come riportato da Gianluigi Bovini, statistico e demografo, [qui](https://cantierebologna.com/2024/09/29/torno-a-vivere-in-montagna-due-notizie-positive-dallappennino-bolognese/)).
– Il tasso di immigrazione, inteso come movimenti da altri comuni nel distretto Appennino, dopo un calo degli anni ’10, ha visto una continua crescita e si attesta al 52,7 nel 2023, contro un tasso medio della Città Metropolitana del 41,9 (dati dall'[Atlante Statistico Metropolitano](https://www.cittametropolitana.bo.it/atlantemetropolitano/territorio/mappe_aree_interne).

Il trend di immigrazione extra cittadino è iniziato molti anni fa, quando dopo una politica di inurbazione della popolazione, il capoluogo è diventato respingente, con un costante allontanamento prima nei territori di cintura (Casalecchio e San Lazzaro per capirci) e via via in quelli intermedi (come Monte San Pietro e Budrio) e poi periferici.

La prima motivazione di questi movimenti migratori interni, è ovviamente data dall’alta tensione abitativa della città, che risulta sempre più cara e non sostenibile anche per chi ha uno stipendio medio da lavoratore e lavoratrice dipendente, tema sul quale dovremo intervenire con un Piano Casa Regionale.

Dopo il periodo pandemico in comuni come Vergato o Monghidoro si è visto un aumento di trasferimenti dalla città da parte di molte cittadine e cittadini che hanno deciso di stabilirsi qui e costruire nuovi progetti di vita.
Ma se da un lato vivere in provincia ha effetti positivi sul benessere e tempi e qualità della vita più “umani”, in un mondo sempre e troppo “di corsa”; dall’altro non è “tutto rose e fiori”.

Viviamo e pensiamo ancora le aree interne come dipendenti dalle città e non come luoghi in cui poter vivere, crescere e lavorare in maniera sostenibile; li percepiamo – e ne progettiamo le politiche –  come un sistema “al servizio”dei poli cittadini, creando disuguaglianze di provenienza territoriale e perdendo l’occasione di creare valore aggiunto.
Valore aggiunto che, con l’emergenza climatica che stiamo vivendo, va progettato e pensato con grande attenzione al rischio idrogeologico e alla tutela di un territorio fragile sia per conformazione geomorfologica, sia anche perché, dopo anni di spopolamento, non è più presidiato.

Per questo in AVS – Coalizioni Civiche – Possibile, ritieniamo che sia necessario rivedere la Legge Regionale 24/2017 sull’urbanistica, in primis cancellando l’articolo 53, che lascia troppe possibilità di deroga al consumo di suolo da parte delle Amministrazioni locali; ma anche includendo una responsabilità sociale ed ambientale nella rigenerazione urbanistica e nel recupero dell’esistente: quanti casolari abbandonati abbiamo nelle campagne e negli Appennini? Troppi. Alcuni di questi possono essere trasformati in nuovi modelli di abitare come co-housing o abitare sociale per rispondere alle istanze della popolazione anziana residente e attrarre contemporaneamente nuove residenze di giovani generazioni, per un’abitare collettivo e solidale.

Altri edifici possono essere riconvertiti con funzioni socio-sanitarie, di partecipazione e di co-working. Le possibilità sono molteplici, starà a noi come legislatori inlcuderle in una nuova legge urbanistica sostenibile e solidale.
Affinché i territori interni possano rinascere e svilupparsi, dobbiamo altresì investire nei servizi socio-sanitari e di mobilità pubblica: non esistono ancora Case di Comunità Spoke (quelle aperte 12/6 e che offrono cure primarie, secondo il DM 77) nelle aree interne bolognesi e il sistema dei grandi centri specialistici – gli “hub” – per chi abita, ad esempio, a Gaggio Montano significa spostarsi di 15, 20 o più chilometri in una rete viaria a curve e pendenze: pensate a una donna che all’ottavo mese di gravidanza deve spostarsi di chilometri per fare un’ecografia di controllo.
Con l’occhio attento alla tutela del territorio, non possiamo però pensare di edificare Case di Comunità in ogni comune montano, ma ritengo sia necessario attivare un sistema di prossimità che vada verso l’utenza.

Una risposta potrebbe essere quella di un Ambulatorio mobile attrezzato con alcuni servizi di prevenzione e diagnosi – come un ecografo o un elettrocardiogramma – e un equipe medico-infermieristica che si sposta con appuntamenti settimanali nei diversi centri abitati più periferici.
Parallelamente dobbiamo rivedere il sistema della mobilità pubblica. Attivare o allungare le tratte del servizio su gomma ha un costo insostenibile per i bilanci dei Comuni periferici, su cui grava completamente la sostenibilità economica: per allungare di 10 km (3 o 4 fermate) una linea di autobus il costo si può aggirare intorno ai 300.000 € l’anno che su bilanci di 4 o 5 milioni non è sostenibile, a meno che non si taglino altri servizi.

La Regione deve intervenire a sostegno di un piano di mobilità sostenibile e intermodale là dove le amministrazioni locali non riescono, ancora di più dopo l’ulteriore taglio agli enti locali previsto dal governo di destra.
Per i territori interni è altrettanto urgente incentivare l’inter-modalità tra mobilità privata e pubblica rivedendo il sistema di trasporto pubblico e proponendo – e legiferando in materia – modalità di condivisione del mezzo privato (car pooling) per le lavoratrici e i lavoratori che si spostano in altri territori per lavoro.

Dobbiamo quindi rafforzare il Patto per il Lavoro e per il Clima, stringendo nuovi accordi e rafforzando gli esistenti.
Va aumentata la frequenza del trasporto pubblico anche in orario serale perché ciò che inibisce lo spostamento da e per le aree periferiche (non solo per lavoro, ma anche per lo svago) non è tanto l’andata, ma il ritorno, poichè, anche dove sono presenti trasporti pubblici su ferro o su gomma, mancano le corse dopo le 20 (se non prima).
Ultimo ma non da ultimo, per rilanciare le aree interne come luoghi dove vivere, crescere, lavorare, è necessario rinsaldare il patto sociale con politiche di welfare culturale e di comunità.

Il trend turistico di questi ultimi anni non credo possa essere ancora sostenibile sia dal punto di vista ambientale che sociale e non credo possa essere l’unica risposta per un rilancio economico delle aree periferiche. Nel report “Economia Culturale e Creativa in Emilia-Romagna, Italia” ( OECD (2022), “Culture and the creative economy in Emilia-Romagna, Italy”, _OECD Local Economic and Employment Development (LEED) Papers_, No. 2022/05, OECD Publishing, Paris, [https://doi.org/10.1787/841f1338-en](https://doi.org/10.1787/841f1338-en).) l’OCSE suggerisce alla Regione di rivedere il sistema di valutazione degli obiettivi raggiunti non solo da un punto di vista economico ma anche di impatto sociale, inclusione nei territori e contribuzione all’ecosistema creativo locale. Sono convinta infatti che non esista turismo senza cultura: se da un lato il turismo ha avuto un impatto economico positivo, dall’altro l’impatto sociale non lo è stato altrettanto. Riversare i turisti dalla città alla provincia, oltre che a mantenere una visione sussidiaria e di servizio delle aree periferiche, rischia di trasferire oltre ai benefici economici – in scala minore – anche le criticità sull’accesso alla casa aumentando il costo degli affitti, se non addirittura facendoli quasi scomparire in favore di affitti brevi.

A questo aggiungo che in territori sparsi dove, ancora di più dopo la pandemia, la socialità, la costruzione di relazioni personali e lavorative è più difficile, un’ondata di visitatori di certo non aiuta lo sviluppo di comunità coese e stabili, che vivono 365 giorni i luoghi che abitano, elemento fondamentale per rilanciare lo sviluppo dei territori.
Per raggiungere questi obiettivi sono fermamente convinta che la Cultura sia il comparto su cui investire. Oltre al già citato report dell’OCSE, nel quale il suggerimento per rilanciare i territori e le ICC (Industrie Culturali e Creative) è quello di investire nei musei per l’alto impatto sociale, anche l’OMS sostiene che “il welfare culturale influenza in modo positivo il comportamento degli individui in termini di felicità personale, serenità psicofisica e salute”.
La Cultura, in sostanza, fa bene alla salute individuale e di comunità, e ha un forte impatto sociale stimolando anche lo sviluppo economico.

(Alice Reina, candidata per il Consiglio regionale con AVS – Coalizioni Civiche – Possibile)