“Piove governo ladro” è stato nel passato un grido di ribellione alle ingiustizie. Oggi, con buona parte delle regioni italiane allagate, è lo slogan più appropriato per denunciare le responsabilità del governo Meloni di avere esposto la popolazione a rischi inaccettabili, negando che ci fosse in corso un cambiamento climatico.
Dopo i disastri che si sono consumati mi chiedo se serva un diluvio universale per smuovere il centrosinistra. Cosa si aspetta a chiedere che la Meloni venga in parlamento a riferire cosa sta facendo il suo governo per il clima? Questa mancanza di iniziativa sconcerta.
Peccato perché la cittadinanza delle regioni colpite sarebbe contenta di venire a sapere che qualcuno pensa a loro in particolare se ci sono aiuti e un programma per contenere le prossime piogge. Queste erano inaspettate perché ai romagnoli era stato detto che una pioggia come quella del 2023 poteva ripetersi fra cento, duecento anni ed invece è tornata dopo un anno per ben due volte.
C’è ormai una evidenza a cui non si può più sfuggire: il sistema idraulico del territorio non è più all’altezza del nuovo clima e dell’intensità delle sue precipitazioni.
Questa inquietante constatazione è ciò di cui si dovrebbe discutere in parlamento e nel paese per verificare se esiste un progetto in grado di porvi rimedio. Se la Meloni verrà chiamata e andrà a riferire sul clima ribadirà il negazionismo suo e del governo. Sulle destre non si può dunque contare. Solo dalle sinistre può venire un segnale, ma è scoraggiante che ancora il clima non sia una priorità della sua politica.
Con il loro negazionismo le destre, Meloni in testa, stanno avvelenando i pozzi, sparano balle in continuazione, mobilitando tutto il loro apparato mediatico largamente asservito. Per le destre queste piogge sono un evento eccezionale che non c’entra nulla con il mutamento del clima.
La loro doppiezza è nota e quindi potrebbero anche riconoscere che il cambiamento climatico è responsabile delle calamità che hanno colpito l’Italia, ma lo faranno solo per sostenere il loro programma che punta solo a ritardare la transizione ecologica e a incatenare il paese al gas.
Dicono per non sconvolgere il sistema di vita delle italiane/i, ma Il programma sembra scritto da ENI: appoggio al progetto che vuole sequestrare anziché abbattere la CO2; il PNIEC, il piano energetico, che prevede il nucleare come tecnologia proprio perché non produce CO2, ovviamente un nucleare con spruzzatine di rinnovabili; scelta del gas per la transizione col piano Mattei. Il progetto della Meloni è chiaro che non è in grado di aggiornare il sistema idraulico del paese.
Ciò che non è chiaro è la proposta delle sinistre, per questo sarebbe utile un dibattito parlamentare in cui i vari partiti del centro sinistra esplicitassero la loro posizione.
A parte il confronto politico istituzionale bisogna però rispondere alla domanda di sicurezza della gente. Non si pretende la luna, né tempi brevi, basta cominciare subito. Questo lavoro andava fatto molti anni fa. Allora si era capito che la gestione del territorio e dei fiumi che vi scorrono era la principale opera pubblica di questo paese, che c’era una legge la 183 di difesa del suolo con le sue autorità di bacino approvata proprio per mettere in ordine il territorio italiano e proprio per questo le grandi e piccole corporazioni, un vero e proprio “comitato d’affari” hanno cancellato il progetto.
A chi amministra i territori a rischio la legge di difesa del suolo, n. 183, va fatta rileggere perché spiega che la difesa dalle inondazioni più che opere pubbliche costose richiede decisioni politiche, ad esempio dove si può costruire e dove no. Buttare nel cestino quel tentativo di pianificazione ha come conseguenza ciò che vediamo oggi: un territorio estremamente vulnerabile. Diminuire questa vulnerabilità è l’obiettivo.
Il cammino sarà lungo e complicato perché i danni provocati negli ultimi trent’anni al territorio dal “comitato d’affari” sono tali per cui ad ogni pioggia normale o eccezionale che sia è sempre associata una catastrofe. Le cause di tutto ciò sono note: mancano politiche di prevenzione, si fa solo gestione dell’emergenza: si nomina un commissario per la ricostruzione che serve solo a distribuire un po’ di soldi e tutto tornerà come prima, in attesa della nuova pioggia.
(Massimo Serafini)