Le richieste di aiuto delle donne che subiscono violenza sono in aumento. E’ quanto emerge dalla relazione articolata e dettagliata che il Centro Antiviolenza di Trama di Terre ha presentato nei giorni scorsi.
Da gennaio a fine ottobre le donne che si sono rivolte al centro sono state 140. Per il primo contatto sono 62 mentre quelle con un percorso in atto avviato negli anni precedenti sono 78.
Dati inquietanti che non esauriscono la realtà di un fenomeno ancora in buona parte sommerso. Infatti sono diversi e complessi i fattori che incidono sulla decisione delle donne di chiedere aiuto e di denunciare. Il numero di coloro che si sono rivolte a Trama per la prima volta è elevato e se da un lato denota maggior coraggio e decisione, dall’altro esprime un dato in aumento. Così come quello delle donne che hanno iniziato il percorso in precedenza (+13).
Entrando nel merito, le richieste riguardano il riconoscimento della violenza, l’incertezza relativa alla capacità e possibilità di intraprendere un percorso di vita in autonomia liberandosi dalla dipendenza economica ed emotiva. Per le donne che hanno figli/e i tempi di elaborazione sono più lunghi e temono i giudizi del contesto sociale soprattutto come madri. Ancora troppo diffusi sono gli stereotipi che inducono a giudizi attribuendo la responsabilità alle donne colpevoli di essersi innamorate dell’uomo sbagliato o perché hanno tergiversato troppo a lungo prima di decidere di uscire dalla condizione di violenza.
Chi sono le donne che si sono rivolte al centro antiviolenza
21 sono italiane, 35 provengono da Paesi diversi; per 6 non è stata rilevata la provenienza. Le donne con figli sono 38 e per 5 non è stato accertato il dato.
I/le figli/e che hanno subito violenza diretta e/o assistita sono 36. Di qui emerge come il 75% dei/lle bambini/e siano segnati dagli effetti pervasivi della pratica violenta. Nel 2023 erano il 47%.
Molte donne riconoscono e nominano sia la violenza subita dal/lla figlio/a come testimone , sia quella percepita pur non assistendo direttamente alle azioni violente. Ne consegue il problema di essere nuovamente legittimate nel ruolo genitoriale dai/lle figli/e e di dimostrare di essere in grado di proteggerli/e. E’ un tema importante che emerge anche in sede giurisdizionale per chi denuncia. Le madri infatti devono difendersi nei tribunali dall’accusa di strumentalizzare i/le fIgli/e contro i padri. Una forma di vittimizzazione secondaria.
15 donne che si sono rivolte al Centro hanno un’età compresa fra i 18 e i 29 anni, 15 fra i 40 e i 49. In queste fasce di età si riscontra un trend in aumento : 26,6% sul totale nel 2024 mentre nel 2023 erano il 17,9% e il 16,22% nel 2022. Un dato che rispecchia la tendenza a livello nazionale. Gli ultimi femminicidi sono di ragazze fra i 13 e i 18 anni. Si abbassa la fascia di età a conferma del fatto che esiste una responsabilità educativa delle famiglie e degli adulti. Ciò conduce alla riflessione che “azioni e gesti stereotipati in grado di rendere ad es. la gelosia possessiva come una caratteristica dell’amore sincero, trasferendo l’idea, anche nei ragazzi e nelle ragazze che la relazione violenta e tossica vada accettata come amore” recita la relazione.
Le tipologie di violenza rilevate
51 casi di violenza psicologica la più difficile da dimostrare. Lo scopo è mantenere il controllo e il dominio della relazione. In 29 hanno denunciato violenza economica che si manifesta spesso tramite il ricatto in particolare attraverso il mancato rispetto dei doveri di mantenimento dei/lle figli/e durante e dopo la separazione. 38 hanno subito violenza fisica, 9 sessuale, 17 stalking. Quest’ultimo in aumento a differenza delle altre forme di violenza esercitata spesso attraverso i social media. I dati sono in linea con quelli Istat.
Chi sono gli uomini maltrattanti
In grande maggioranza sono coniugi, conviventi, fidanzati e amanti (42), ex (4), padri, fratelli, famigliari (10), sconosciuti (1), altri (2) colleghi o datori di lavoro (1), amico o conoscente (1). La relazione di Trama di Terre mette in evidenza come la famiglia tradizionale, considerato uno spazio affettivo sicuro, lo sia solo in parte o non lo sia affatto. “Una donna che riferisce di essere vittima di violenza (…) mette sotto accusa (…) se stessa poiché si oppone all’ordine sociale basato sull’importanza di mantenere una famiglia unita nonostante tutto” . E ancora “il timore di essere definita una “poco di buono” o “la rovina famiglie” rappresenta in molte circostanze un incentivo a non denunciare”. Chiedere aiuto denunciare diviene dunque un atto di ribellione a cui segue una rottura. “La decisione della donna di far valere i propri diritti ed interrompere il ciclo della violenza spesso viene interpretata come una denigrazione dei rapporti famigliari”.
La relazione si sofferma poi sui matrimoni forzati. Quelli a cui la donna viene sottoposta senza il suo consenso ma che deve accettare a fronte di ricatti, minacce, pressioni fisiche o psicologiche da parte di famigliari, conoscenti o estranei o da gruppi di persone. Un esempio, il caso di Saman Abbas. Nel processo Trama di Terre si è costituita parte civile.
L’ospitalità
Nell’ambito dell’accordo metropolitano nel 2024 sono state ospitate in struttura protetta 16 donne e 19 bambini/e. Da gennaio 2025, insieme a Bologna Città Metropolitana, Trama di Terre aumenterà di 1 posto la possibilità di pronta accoglienza per un totale di 9 posti. L’Associazione imolese ribadisce inoltre, come già in passato, che le donne che per allontanarsi dalla violenza devono lasciare la propria casa, faticano ad accettare che l’allontanamento debba riguardare loro e non il maltrattante. Vivono questa decisione come una ingiustizia e una punizione che finisce per configurarsi ancora come vittimizzazione secondaria.
La relazione inoltre sottolinea come il braccialetto elettronico sia insufficiente come misura di distanziamento. Ci sono difficoltà tecniche di applicazione, sia perché richiede tempi troppo lunghi, sia perché in diversi casi si sono verificati malfunzionamenti o per eccesso o per mancati allarmi.
Chi chiede ospitalità è spesso straniera e/o povera. Non può contare su reti famigliari o amicali e non ha risorse sufficienti. Questa condizione obbliga a una permanenza nelle case rifugio ben oltre i 12 mesi previsti, mettendo in difficoltà il sistema di accoglienza pubblico.
Le richieste al centro antiviolenza
In 45 si sono rivolte per chiedere informazioni. 29 per verificare se la loro esperienza rientra nella violenza nel qual caso chiedono consigli e strategie praticabili. 42 per essere ascoltate e condividere. Il sostegno legale l’hanno chiesto in 31 di cui 10 per un’ospitalità di emergenza.
Il passaparola e il consiglio di amici e parenti o di realtà associative, l’orientamento di altri centri antiviolenza la promozione sono i canali attraverso i quali il CAV viene contattato (18). 11 donne sono state indirizzate dal Servizio Sociale mentre quelle consigliate dalle Forze dell’ordine sono 10, 5 in più dell’anno precedente. Le altre arrivano per contatto diretto.
Le richieste di Trama di Terre per il futuro
La relazione si chiude con una serie di proposte:
- Aumento degli investimenti economici sulla prevenzione che non può fondarsi solo su misure di custodia affidandola al diritto penale;
- Lasciare le donne che subiscono violenza nelle rispettive abitazioni e allontanare l’uomo maltrattante. Come accennato sopra la difficoltà economica e abitativa (affitti alti e scarsa disponibilità di alloggi) obbligano le donne ospitate a rimanere, pur avendo trovato lavoro;
- Un punto molto importante è la residenza. In mancanza è impossibile accedere ai servizi territoriali (accesso alle scuole a tempo pieno , servizi sanitari come la medicina di base, la neuropsichiatria infantile e altri ). Le donne e i minori non residenti non sono presi in carico dai servizi e dunque gli interventi sono prevalentemente occasionali e valutativi. Si richiede pertanto l’impegno delle Istituzioni a un protocollo condiviso per superare il problema anche con una forma fittizia di residenza presso il Comune di Imola che garantisca anche l’anonimato.
I matrimoni forzati
Trama di Terre dal 2009 è impegnata a contrastare la forma di violenza dei matrimoni forzati . A tal fine ha promosso un progetto “Libere, il nostro NO ai matrimoni forzati”. Un percorso di rilevazione e formazione finanziato dalla Regione Emilia Romagna, partner ASP Imola, nell’ambito dei progetti rivolti alla promozione delle pari opportunità e al contrasto delle discriminazioni e della violenza di genere (2023/2024). Il progetto gestito dall’Associazione prevede la sensibilizzazione delle giovani generazioni e delle rispettive famiglie con momenti formativi e laboratoriali. Prevede inoltre una campagna di comunicazione multilingue attraverso parole chiave individuate con le donne che si sono rivolte al Centro. Hanno partecipato 25 donne . Inoltre si è svolta una formazione rivolta agli operatori e alle operatrici dei servizi socio-sanitari sui temi delle violenze legate all’onore, sui matrimoni forzati sul contesto di provenienza delle ragazze a rischio e sulla modalità più idonea ad affrontare i vari casi. Con un’ ottica di genere si è cercato di affermare un approccio volto a garantire alle donne un reale percorso di autonomia e autodeterminazione. I/le partecipanti sono stati/e 63 .
(v.g.)