Imola. “Ho scritto un libro autobiografico, non un’autobiografia, l’ho sentito come una necessità, quella di fare il punto su una generazione nata negli anni Sessanta, che non ha fatto guerre, rivolte, non ha costruito città, insomma ha vissuto un tempo ‘grigio’ ma non in senso negativo. Anzi, è stato appassionante, ci siamo diventiti tanto non tralasciando di farci molte domande esistenziali”. Marco Raccagna è l’autore del libro “E adesso?” edito da Transeuropa. La presentazione, organizzata dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Imola, è prevista per lunedì 16 dicembre alle 18 nella Sala Grande di palazzo Sersanti. Parteciperanno il cardinale Mauro Gambetti, il presidente e Ad della Formula Uno Stefano Domenicali (entrambi compagni di classe di Raccagna ai tempi del liceo scientifico “Luigi Valeriani”) e dello scrittore ed amico dell’autore Carlo Lucarelli, condurrà l’iniziativa il caporedattore del Resto del Carlino Valerio Baroncini.
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Raccagna, il primo libro, non è un po’ fuori moda nell’epoca dei Social?
“In parte l’ho scritto anche per questo. Noi abbiamo studiato mediamente di più dei nostri genitori e i nostri figli studiano più di noi. Però ci sono cose che non capisco come il fatto che non si studi più la geografia a scuola, per me è una follia. E’ una percezione sbagliata che un ragazzo di Bali sia sentito uguale a uno di Stoccolma, per fare un esempio. In tal modo, si fa fatica ad avere strumenti veri per interpretare la realtà. La mia generazione quando andava all’università in treno e poi in autobus parlava e chiacchierava un po’ di tutto, adesso vedo quasi tutti i giovani chattare. Bisogna recuperare, in un certo senso, il tempo di annoiarsi, penso che l’uso del cellulare fra i ragazzi dovrebbe avere una regolamentazione”.
Ha fatto politica attiva per molti anni, come ricorda quel periodo?
“Sì, per una trentina di anni, ora ne ho 59, è stata una bellissima cosa occuparsi della vita delle persone. Ho avuto la fortuna di conoscere tanti leader del mio partito il Pd, soprattutto Luigi Berlinguer quando era ministro della Scuola, e di partecipare al periodo delle Feste dell’Unità sentendone l’unto, la brace e il calore quotidiano. A mio avviso i cittadini dovrebbero diffidare del politico che dice ‘sono uno di voi’, no voglio che faccia ciò che ha promesso, che dimostri di sapere svolgere il suo incarico, insomma un certo ‘professionismo’ della politica andrebbe recuperato, sia pur senza malinconia”.
Si è dimesso da segretario del Pd imolese dopo la sconfitta elettorale contro il Movimento 5 stelle. Come è stato quel momento?
“Volevo tagliar corto, era una mia necessità personale, non avevo timore che qualcuno chiedesse le mie dimissioni. Il responsabile ero io, anche se nessun altro in nessuna parte d’Italia si è dimesso in quelle elezioni amministrative in cui comunque il Pd a Imola prese oltre il 34% dei voti. Non volevo vedere le solite manfrine, così mi sono dimesso e licenziato anche se non ci fu un’analisi vera ed edificante di quel voto. Tornassi indietro, non so se lo rifarei, anche perché poi ho dovuto affrontare una ‘via crucis’ di alcuni anni, vedovo e con una figlia a carico”.
“E adesso?” come recita il titolo del libro?
“Volevo tirare una riga nella mia vita a quasi 60 anni, una vita affascinante da affrontare a viso aperto, volevo fare i conti con tutti, perdono me stesso e tutte le persone che ho incontrato, quelle che mi sono state vicino e quelle no. Voglio continuare a prendere parte, a essere un partigiano della vita. Non mi sento vecchio, la vita va vissuta pienamente, vorrei viaggiare di più, stare vicino al mare col quale ho un rapporto speciale. Naturalmente la politica è una passione che non finisce mai, non cerco l’occasione per tornarci attivamente ma se arrivasse, dopo sei anni di lontananza, sarei pronto più di prima perché saprei meglio come affrontare i problemi delle persone ed è quella la vera politica che mi entusiasma”.
(m.m.)