Il secondo congresso di Legacoop Produzione e Servizi ha offerto molti stimoli alll’attenzione di chi seguiva i lavori e ai vertici del mondo cooperativo.

Pensiamo sia utile dare un ampio resoconto di quanto avvenuto nella sale fiorentine l’8 novembre e cominciamo con una prima riflessione di Gianmaria Balducci, confermato all’unanimità presidente.

“Prima di tutto esprimo soddisfazione per il fatto di essere riusciti a fare un vero congresso, con la presenza dei delegati. Legacoop Produzione e Servizi è nata proprio durante il Covid  e allora fummo costretti a svolgere l’assemblea in un clima emergenziale con una partecipazione garantita dai collegamenti online. Stavolta con 300 persone in sala l’impatto è stato certamente più emozionante. Tra l’altro siamo arrivati a Firenze dopo un lungo giro d’Italia che ci ha permesso di cogliere le diverse visioni dei territori e aggiungo subito che ho trovato grande coerenza nelle analisi e nelle proposte e lo stessa idea di far cooperativa non  è molta diversa nelle varie aree del paese, anche se a Sud è certamente più complesso far crescere le strutture, ma dove troviamo esempi molto virtuosi del modo di fare cooperative che vediamo all’opera nella gestione di coop che sono frutto della scelta di lavoratori di prendere in mano aziende che erano state colonizzate dalle mafie.”

E il Nord?

E poi abbiamo, a Nord esperienze stimolanti nelle nuove frontiere, con una coop di ricercatori dell’università di Genova che ha elaborato un modello di motori ad idrogeno per i natanti: in quel caso la scelta di dar vita ad una coop è sta proprio culturale e legata ai valori fondanti del nostro mondo baTorniamo a Legacoop Produzione e Servizisato su mutualità e solidarietà anteposti al puro profitto.”

Torniamo a Legacoop Produzione e Servizi

“Il primo mandato si era concentrato prevalentemente sulla riorganizzazione  e aveva puntato all’innesto nell’organizzazione di nuove figure, da un lato più giovani e dall’altro rappresentative dei territori. Questo processo ha funzionato e la dimostrazione l’abbiamo avuta a Firenze sia in termini di partecipazione che di adesione alle scelte fatte. Abbiamo anche alzato il nostro orizzinte,  che inizialmente era legato al nostro paese ed ora invece  ha un carattere internazionale, in particolare in Europa. Abbiamo aperto un ufficio a Bruxelles perché consapevoli che le scelte che lì si fanno sono destinate ad incidere sulle politiche nazionali sia in senso positivo che negativo, come abbiamo potuto vedere nel caso dell’automotive per il quale è mancato un concreto collegamento che le scelte industriale già in essere da parte dei grandi produttori. Certo che legarsi ad una tecnologia (l’elettrico) che in questo momento vede un forte dominio cinese forse non è stata una scelta oculata. Credo che il futuro dell’auto vedrà la coesistenza di diverse esperienze fermo restando che dovrà essere efficiente e non inquinante.”

Facciamo un passo indietro

“Tornando alla nostra assemblea abbiamo individuato nei consorzi fra cooperative lo strumento ideale per stare in un mercato che chiede una vasta gamma di competenze per progetti complessi e innovativi. Ricordo che sono previsti importanti investimenti grazie alle risorse messe a disposizione del Pnnrr.

Se invece guardiamo al tema degli incentivi il nostro mondo è unanime nell’affermare che il modello del superbonus edilizio crea più rischi che vantaggi perché favorisce la nascita di aziende  “improvvisate” che  si lasciano poi alle spalle una scia di problemi che certo non aiutano la nostra economia.”

E per i lavoratori?

“Anche per le coop spesso non è facile trovare personale qualificato e riteniamo che sia arrivato il momento di guardare all’immigrazione come un’opportunità e non come un’invasione. Va certamente gestita ma è opportuno ricordare che senza una nuova linfa nei luoghi di lavoro è a rischio anche tutto il sistema pensionistico.

C’è i poi un altro ambito nel quale il modello cooperativo può svolgere un ruolo importante, e mi riferisco il ricambio generazionale che in tante aziende non vede soluzioni positive e che potrebbe vedere un ruolo attivo e partecipe di coloro che ora sono solo dipendenti. Il cosiddetto wokers buy out (cioè i lavoratori acquistano l’azienda) potrebbe in molti casi salvare importanti esperienze economiche e sociali anche con il sostegno attivo dei territori in cui operano.”

(m.z. )