La Giornata mondiale della pace ha assunto quest’anno un significato particolarmente rilevante e profondo per la drammatica situazione che il mondo sta vivendo. I mass media parlano prevalentemente di Ucraina, Gaza e Medioriente, ma non possiamo dimenticare che nel mondo sono attivi 56 conflitti, il numero più alto mai registrato dalla fine della Seconda guerra mondiale, e ben 91 paesi ( sui 193 nell’Onu) sono attualmente impegnati in conflitti oltre i loro confini.

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Ciononostante, invece di parlare di pace, capi di stato, politici, commentatori parlano prevalentemente di guerra. Sembra quasi che si voglia far sembrare normale, accettabile ciò che non è né normale né accettabile.

Come può essere “accettabile” un eccidio come quello di Gaza che ha causato la morte di 45.000 persone, nella quasi totalità civili, e di 13.000 bambini ?

Pensate a Imola, dalle scuole materne alle superiori, ci sono circa 12.000 bambini e ragazzi. Immaginate che improvvisamente scompaiano, lascino le scuole vuote, le famiglie disperate, smettano di giocare nei nostri parchi.., Questa è la guerra, che Gino Strada definiva “uno strumento crudele e stupido, disumano. Dobbiamo togliercela dalle palle… Le guerre sono state sempre decise dai ricchi e dai potenti che hanno mandato a morire i figli dei poveri. Non ci sono popoli che vogliono la guerra”. I popoli non vogliono le guerre ma spesso non riescono a far sentire la loro voce o non trovano rappresentanza politica adeguata.

Secondo l’ultimo rapporto Censis 2024 Gli italiani stanno manifestando un sempre più netto rifiuto verso politiche di militarizzazione e l’aumento delle spese belliche.

Secondo il Censis:
– il 68% degli italiani si sente tradito dalla democrazia;
– per il 71,4% l’Ue è destinata a sfasciarsi se non interverranno radicali cambiamenti;
– solo il 31% è d’accordo con il richiamo della NATO sull’aumento delle spese militari.

Questa cultura della lotta armata, dello scontro assoluto tra civiltà, questa svalutazione della diplomazia e della trattativa che si sta affermando ci preoccupa, e ancora di più ci preoccupa la frenesia bellicista di alcuni governi europei e dei vertici della Ue. Sembra che non ci siano altre parole e altre iniziative se non quelle che spingono alla intensificazione della guerra e al riarmo , mentre si conferma la rinuncia dei Paesi europei a ogni azione politico-diplomatica. sia verso la Palestina che l’Ucraina. Coloro i quali insistono sulla necessità di iniziative di pace e trattative diplomatiche spesso vengono biasimati ed etichettati col termine denigratorio di “pacifinti” o accusati di collusione col nemico.

Borrell, alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha recentemente dichiarato che in Ucraina non serve la diplomazia ma le armi. Questo, afferma Borrell, ”non è il momento di conversazioni diplomatiche sulla pace” ma “è il momento di sostenere militarmente la guerra”.

Rutte, segretario della Nato ha detto in modo ancora più esplicito che “dobbiamo passare ad una mentalità di guerra” e che bisogna assolutamente aumentare le spese militari , cioè mentre molti paesi esprimono dubbi sulla possibilità di portare la percentuale di Pil destinata agli armamenti al 2%, è inevitabile arrivare al 3% e oltre. Trump chiede all’Europa di passare al 5% del Pil.

Ci siamo dimenticati il grande progetto di pace che i padri fondatori dell’Europa, Spinelli, De Gasperi, Shumann, Monnet, Adenauer, ecc. seppero costruire immaginando un futuro senza guerre, nel quale contrasti e conflitti potessero essere affrontati e risolti non con le armi ma col confronto e la diplomazia.

Oggi purtroppo assistiamo all’abbandono della cultura dell’accordo come scambio, negoziazione, compromesso, soluzione temporanea e non universale, eterna, definitiva.

L’Onu nata nel 1945, con lo scopo, come dice il suo Statuto, di “salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all’umanità”, adesso è svilita e umiliata; le sue risoluzioni vengono considerate carta straccia come è avvenuto per i “due popoli e due stati” della Palestina.

E non possiamo dimenticare il messaggio forte e chiaro che viene dal bellissimo art. 11 della Costituzione , scritto dopo la tragedia, i lutti e le distruzioni della seconda guerra mondiale : “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

In questo contesto desolante e preoccupante il messaggio di Papa Francesco arriva come una ventata di aria fresca e pulita invitando ciascuno di noi a rafforzare e consolidare la nostra fiducia nell’uomo e a rinnovare il nostro impegno per la pace e il disarmo.

Le parole del messaggio sono forti, chiare e semplici ma noi sappiamo che la semplicità è complessa da raggiungere ed appartiene ai puri di cuore che usano le parole non per nascondere ma per cogliere l’essenza delle cose . “Simplex sigillum veri”, dichiaravano gli antichi, “Il semplice è il sigillo del vero”. In fondo è ‘semplice’ comprendere come la pace sia essenziale e imprescindibile. Il valore della pace è inestimabile e senza questo dono siamo perduti. Serve all’uomo per mantenere un equilibrio di amore, armonia, libertà, amicizia e soprattutto di serenità. E’ la precondizione indispensabile per appartenere a pieno titolo alla specie umana

La stessa etimologia è importante. Il termine PACE deriva dal latino pax (il quale a sua volta si fa derivare dalla radice indoeuropea pak-, pag-che significa fissare, pattuire, legare, unire, saldare).

Oltre a farci riflettere sul valore morale e spirituale della pace tuttavia il messaggio del papa contiene alcune proposte molto concrete che, se applicate, muterebbero radicalmente il quadro dei rapporti geopolitici.

Ecco le parole del Papa:
– “Utilizziamo almeno una percentuale fissa del denaro impiegato negli armamenti per la costituzione di un Fondo mondiale che elimini definitivamente la fame e faciliti nei Paesi più poveri attività educative e volte a promuovere lo sviluppo sostenibile”. Gli alti profitti della guerra e delle armi rappresentano una delle cause principali delle politiche militariste e guerrafondaie, Falcone diceva che per comprendere e combattere la mafia era necessario “seguire i soldi”. Anche nelle guerre bisogna sempre domandarsi chi guadagna e chi ci rimette per trovare i responsabili.

– Bisogna contrastare il trattamento disumano riservato alle persone migranti, la disuguaglianza scandalosa tra ricchi sempre più ricchi e poveri sempre piu poveri la disinformazione, il rigetto di ogni tipo di dialogo, i cospicui finanziamenti dell’industria militare. Sono tutti fattori di una concreta minaccia per l’esistenza dell’intera umanità.

– Eliminare in tutte le nazioni la pena di morte che, oltre a compromettere l’inviolabilità della vita, annienta ogni speranza umana di perdono e di rinnovamento.

– I Paesi più benestanti si sentano chiamati a far di tutto per condonare i debiti di quei Paesi che non sono nella condizione di ripagare quanto devono. Una consistente riduzione, se non proprio il totale condono, del debito che pesa sul destino di molte Nazioni darebbe coraggio e speranza a quanti vogliono un mondo con meno ingiustizie sociali e disuguaglianze.

Voglio ricordare un’altra bellissima frase di papa Francesco: “La pace è artigianale la costruiamo noi”.

Non dobbiamo solo pensare che debbano intervenire solo i potenti, i governi, le grandi istituzioni per contrastare la cultura della guerra. E’ fondamentale la partecipazione di tutti, la presa di coscienza di ogni persona, la testimonianza individuale. Ciascuno di noi deve sentirsi in qualche modo responsabile della devastazione a cui è sottoposta la nostra casa comune, a partire da quelle azioni che, anche solo indirettamente, alimentano i conflitti.

La pace vera, richiede “un cuore disarmato”: un cuore che non si impunta a calcolare ciò che è mio e ciò che è tuo; un cuore che scioglie l’egoismo nella prontezza ad andare incontro agli altri. Il disarmo del cuore è un gesto che coinvolge tutti, dai primi agli ultimi, dai piccoli ai grandi, dai ricchi ai poveri. A volte, basta qualcosa di semplice. Con questi piccoli-grandi gesti, ci avviciniamo alla meta della pace.

Che fare allora? Possiamo fare tante cose:
– partecipare a gruppi che condividono i tuoi obiettivi e darsi tanti piccoli obiettivi;

– partecipare alla vita politica locale e nazionale, votando, sostenendo politicamente gli obiettivi di pace e contrastando le posizioni belliciste, intervenendo nelle iniziative e nelle assemblee pubbliche;

– organizzare iniziative di formazione e informazione che aumentino la sensibilità verso questi temi;

– contrastare tutte quelle iniziative o proposte che incrementano la cultura della guerra;

– avere il coraggio di esprimersi, esporsi e prendere posizione ogniqualvolta si presenti l’occasione;

– parlare dialogare con amici e conoscenti.

Il raggiungimento di grandi obiettivi è la somma di tanti piccoli sforzi, ripetuti giorno dopo giorno. Senza mai dimenticare che solo l’unione fa la forza.

Un proverbio africano caro a Papa Francesco dice: ” Se vuoi andare forte corri da solo, se vuoi arrivare lontano, cammina insieme agli altri”.

(Valter Galavotti)