BluEnergy Revolution è un’esperienza partita nel 2015 come spinoff dell’Università di Genova che si occupa di ricerca e sviluppo. Una una fucina del cambiamento che sviluppa le soluzioni tecnologiche innovative della prossima transizione energetica.
Ecco come uno dei componenti del gruppo, Thomas Lamberti, illustra le motivazioni che li hanno portati alla scelta cooperativa.
Perché avete scelto questo modello societario?
“Per molti motivi, primo tra tutti, la volontà di possedere il proprio destino lavorativo. I fondatori sono 4 ex studenti di dottorato, che si sentivano alla pari l’un l’altro e che volevano dedicare le loro energie in un progetto che potesse portare loro soddisfazione. Per realizzarsi infatti, a noi non bastava e non basta avere dei soldi. Avendo avuto la fortuna di poter studiare e lavorare (all’interno dell’Università) su tecnologie innovative, per noi è forte il sentimento di voler fare qualcosa, cambiare qualcosa per il futuro, qualcosa in cui credi. In pratica, ci è stata data la possibilità di vedere ed a quel punto non ci bastava più lavorare per fare soldi, volevamo e vogliamo qualcosa di più. Potremmo anche non essere cooperativa, quello che conta è la gestione aziendale. Ma dal momento che esiste un modello che ci rappresenta, con una storia e delle associazioni, abbiamo deciso di adottarlo.”
Perché il modello per i giovani è impopolare.
“Prima di tutto perché è poco conosciuto. In secondo luogo, la cultura dominante spinge verso un’altra concezione della ‘startup’. Quindi, se un gruppo di ragazzi decidesse di provare ad avviare una propria attività lavorativa, ossia una startup, verrebbe inondato da una serie di format, informazioni, esempi, percorsi di crescita, etc.. che descrivono un modello, quello della startup americana, ormai conosciuto e riconosciuto come unico modello valido. Questo modello prevede una fondazione, una crescita rapida, una vendita. Tutto, dalla presentazione dell’azienda (pitch), ai tempi di sviluppo (introduzione sul mercato), ai tempi di rientro degli investimento, tutto è dettato dalle tempistiche della finanza. Non c’è spazio per altro. Per cui anche idee interessanti vengono schiacciate dall’esigenza di spiegarle in 4 minuti, di svilupparle in meno di 1 anno, di avere un rientro dei capitali con un fattore 10x in 3 anni”.
Quindi un modello che non vi piace…
“Nel settore in cui lavoriamo noi, l’idrogeno, tutti sanno che questo format non può funzionare, che la tecnologia stessa ha bisogno di tempi di sviluppo, che le autorità hanno bisogno dei tempi di sviluppo, che la società stessa ha bisogno dei tempi di sviluppo. Eppure, anche nel nostro settore, se vuoi avere degli investimenti di un certo livello, devi promettere l’impossibile. Puntualmente l’impossibile non è raggiunto e a quel punto, o l’azienda fallisce (e i fondatori se sono fortunati hanno guadagnato qualche soldo ma bruciato le loro idee) o l’azienda viene acquisita/ricapitalizzata/strumentalizzata per un po’ come un giochino in borsa fino a quando non esplode anche lei, perché a certi livelli (di finanziamento e capitali) è più importante il valore delle azioni che lo stato di salute reale della società (inteso non solo come azienda ma anche come tessuto social”
(m..z)