Ho un debito e voglio pagarlo. Giorgio Barlotti ci ha lasciato un anno fa; avevo promesso a Lucia e gli altri amici di ricordarlo dopo il funerale.
Non l’ho fatto. A questo debito assolvo oggi che ho tra le mani le poesie che Giorgio scrisse tra i 14 e i 16 anni, diligentemente poi battute a macchina da suo padre.
Giorgio aveva le parole; nelle sue conversazioni le parole fluivano, varie, articolate, sempre accompagnate dal suo sorriso e dagli occhi ammiccanti a farti partecipe di ricordi, di storie, di progetti. I ricordi erano quelli di una vita professionalmente intensa, ma ancora più ricca di relazioni. Le storie erano quelle che la sua fantasia inventava in continuazione. I progetti non lo hanno mai abbandonato: Giorgio aveva sempre una nuova idea in gestazione. La sua conversazione era sempre un divertimento, in cui s’intrecciavano la sua sensibilità di uomo, la sua professionalità e la sua ironia.
Giorgio ha “fatto” parole; il più recente dono di Giorgio sono un diario e le poesie del periodo trascorso dai Salesiani a Follonica per il periodo delle scuole media. Ne sono stata felice e al medesimo tempo sono stata colta dallo stupore per la ricchezza delle sue parole, per la loro precisione e potenza descrittiva, per i continui rimandi alla nostra tradizione letteraria, incredibili in un ragazzino. Si spiegano quindi i lavori di Giorgio adulto: i testi, le riduzioni, gli adattamenti per il teatro e i romanzi e i racconti attorno al filone della memoria (I ragazzi di Quadalto, Il Cigno), del divertimento (Romani! La vera storia del ratto delle Sabine) e della “fantascienza” (La terza vita, La civiltà perduta).
Giorgio ha dato parole; ai suoi attori fondando il Teatro di via Callegherie, poi il Piccolo di Imola e guidandoli e accompagnandoli sulla scena, ai ragazzi dell’Officina Sant’Ermanno nell’ultimo suo impegno di uomo generoso e solidale.
Giorgio ha regalato parole a noi suoi amici.
Un dono, un talismano contro il rischio formidabile che corriamo tutti oggi di fronte allo smantellamento delle parole operato dalla modernità digitale.
(Fabrizia Fiumi)